< Il martirio dei campi di
concentramento vissuti con gli occhi dell’ormai sedicenne Anne Frank, a quel tempo ancora sconosciuta al mondo, che cerca a
tutti i costi di sfuggire alla morte solo con la forza della propria immaginazione.
E’ lei stessa a raccontare di quel terribile quattro agosto 1944, quando fu
arrestata e condotta, insieme al resto della famiglia, nella casa penitenziaria
di Amsterdam e, successivamente, in quel di Westerbork, dove continua
ostinatamente a scrivere il suo diario, anche se su della semplice carta da imballaggio. Seguono
i trasferimenti ad Auschwitz e poi a
Bergen-Belsen, che sono state le sue
ultime dimore terrene: qui prosegue ad annotare, pur se solo con i pensieri
rivolti alla sua amica Kitty, tutto ciò che la circonda; riferisce con amara
ironia delle sofferenze patite, i suoi ricordi più preziosi, le speranze per il
futuro; inventa nuovi racconti, scrive episodi inediti del vecchio diario, poesie,
preghiere e filastrocche, tra cui l’incredibile seguito di “Una chiacchierona incorreggibile”. Sono
la poesia e il grande amore per la vita -alla quale Anne continua a restare
aggrappata con tutte le sue forze- ad accompagnare il lettore in questo tenero
e crudo viaggio nei suoi pensieri. La rivediamo procurarsi, anche se
inconsapevolmente, un prezioso alleato ad Auschwitz e trovare un insospettabile
aiuto a Bergen-Belsen. Anne, che deve inventarsi un modo per tenere il conto
dei giorni che passano o che s’improvvisa piccola artigiana per poter
partecipare alle “notti dei baratti”. Il destino ha preparato per lei un’ultima
sorpresa: durante la prigionia riuscirà a incontrare perfino le sue amiche di
scuola, Hanneli e Nanette, cui confida le pene e le sue aspettative per l’avvenire.
Il romanzo si chiude con una lettera di Margot Frank alla sorella, proprio
mentre sta per lasciare la sua vita terrena e con l’ultimo saluto di Annelies a
Kitty. Nelle ultime righe infine, la protagonista manda un’accorata preghiera a
Dio prima di salire in Cielo e, ripensando al numero tatuato sul suo braccio,
finalmente capisce in che modo il “lavoro
rende liberi”.>
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