LE PAGINE BIANCHE DI ANNE FRANK

martedì 23 giugno 2015

RACCONTI DEL DIARIO SEGRETO

Ebbene, sì: andando avanti con il mio manoscritto, sono sempre stato cosciente di poter sprofondare nel ridicolo, oppure di scadere nell’inverosimile, ma non per questo mi sono arreso, cercando in ogni caso di attenermi sempre a fatti realmente accaduti e raccontati da chi, le sorelle Frank, le ha davvero incontrate nei lager. All’inizio è stato un gioco, poi in seguito è diventato un esperimento che ha preso via via sempre più forma. La cosa mi ha assorbito talmente tanto, da indurmi a portare a termine quello che avevo iniziato. Ho la certezza di non essermi neanche lontanamente avvicinato alla leggerezza nello scrivere che aveva Anne e nemmeno alla sua drammaticità. Non riesco in nessun modo a immaginare tutte le sofferenze che avrà provato realmente e ai milioni di pensieri che avranno attraversato la sua mente, ma è stato bellissimo poter pensare di farla rivivere, per rileggere ancora una volta delle sue mirabolanti elucubrazioni. Usando le parole di Anne, ho scritto il “mio diario” in clandestinità, perché “…avrei perso la mia tranquillità e fiducia in me stesso, se avessi dovuto tollerare critiche nei confronti della mia impresa non ancora conclusa” . Infine, non so quante volte mi sono dato del matto, ma sono andato sempre avanti dicendomi: «E vediamo dove vado a finire». E riprendendo l’identica frase che Otto Frank ha pronunciato al nipote Buddy, durante una sua visita a Bruxelles: «E’ stato come un vortice. Una volta cominciato, sono stato tirato dentro sempre di più». Non riuscivo a smettere di pensare ad Anne, a quello che aveva scritto e ciò che aveva dovuto provare durante gli ultimi sette mesi della sua vita, trascorsi tra un campo di concentramento e un altro. La tenera e gracile Annina in un campo di morte! Così ho cominciato a procurarmi libri e testi di chi aveva avuto rapporti con lei, sia dentro sia fuori i lager, biografie, storie di famiglia, filmati vari, persino la riduzione teatrale del suo diario. E ancora non mi sentivo appagato. L’amabile Annelies era entrata con forza nel mio cuore e con forza qualcosa doveva uscirne. Il risultato non sta a me giudicarlo: dentro il libro ci sono sicuramente i riflessi e i ricordi di anni di letture, di meditazioni religiose e talk show televisivi. Qualche battuta di un film che mi è rimasto nella memoria, una frase romantica in un cioccolatino. Devo ringraziare anche tutti coloro i cui pensieri, anche se non proprio intenzionalmente, sono stati fatti da me lievitare in queste pagine, fino farli divenire quelli di Annelies, sicuro che, se sarò riuscito a donare un’emozione, uno spunto di riflessione, un sorriso o un piccolo raggio di luce, vorrà dire che non sarà stata carta sprecata. Adesso vi mostro le foto dei giardini di Merwedeplein, dove Anne giocava e il palazzo dove ha abitato sino al luglio del 1942.

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